I 10 migliori film del 2017 secondo Caina




Un enorme "evento" cine-televisivo domina totalmente la nostra classifica annuale, ma le pietanze di contorno sono anch'esse molto succulente: deliri familiari/universali, terrorismo adolescenziale, iniziazioni sodomitiche, educazioni inflessibili, maledizioni terrificanti, depressioni devastanti, deformità ammalianti, appetiti laceranti, tragedie familiari surreali. Non siete curiosi? Allora continuate a leggere ... la nostra classifica non vi deluderà mai!


E' ormai un rito qui a casa Caina: compilare a fine anno la lista dei film che ci sono piaciuti di più. Le pellicole che riusciamo a visionare sono sempre tantissime (anche se qualche cosa comunque ci sfugge ... e altre cose ce le lasciamo sfuggire senza nessun rimpianto). I nostri gusti sono infatti un pochino difficili: spaziano tra il weird, l'eccesso, il delirio, la sessualità esplicita, il trash, la sperimentazione, senza dimenticarci dello sguardo d 'autore. Come è stato il 2017 cinematografico? Iniziato avaro di emozioni, è cresciuto impetuosamente nei mesi a venire, fino a permetterci di compilare una Signora Lista. Eccola a voi

FILM

PRIMO POSTO
TWIN PEAKS - THE RETURN (David Lynch - USA 2017)


Ben prima dei più blasonati Cahiers du Cinemà, noi di Caina avevamo già scelto il miglior film del 2017. E come poteva essere altrimenti? Perchè il ritorno di TWIN PEAKS non è stata la riproposizione di una semplice serie tv. Lynch si è sgolato nel ripeterlo: "consideratelo un film di 18 ore". E che film! Splendidamente classico nello sviluppo drammaturgico e insieme assurdamente sperimentale e ultramoderno nella realizzazione. «Ci rivedremo tra venticinque anni» diceva Laura Palmer ad un attonito agente Cooper, nell'ultimo episodio della serie originale del 1991, dopo che il regista aveva scardinato tutte le regole allora esistenti, proponendo i prodromi di tutta una nuova serialità televisiva post moderna. Dopo tutti questi anni, nei quali la serie in questione era assurta alla mitologia, Lynch rimette mano alla sua creazione, praticamente devastandola, riscrivendola, rielaborandola, alzando l'asticella del possibile televisivo verso territori ancora inesplorati. Valgano per tutti l'incredibile episodio 8, nel quale televisione, cinema, musica e videoarte si fondono creando meraviglia, stupore, angoscia e incanto. O la raggelante puntata finale, fatta solo di buio, sgomento e angoscia: quell'urlo finale lo porteremo dentro per altri 25 anni, ne siamo sicuri. L'anacronistica fruizione dell'opera  (a cadenza settimanale, dando il tempo di assaporare e digerire) insieme alla sovversione di ogni regola della serialità attuale (nessun cliffhanger, lunghi tempi morti, dialoghi nonsense, finali di puntata musicali) sono una fortissima critica e una ribellione alla netflix-video-bulimia dilagante. Ecco perchè Lynch ha, secondo noi, creato un nuovo genere: il film seriale o meglio il serial movie. E poi l'atto più coraggioso, folle e veramente moderno: il cambiamento radicale e scioccante che Lynch opera sulla mitologia originaria, ribaltandola praticamente da cima a fondo: Laura è morta? Laura è viva? Laura non c'è! Laura dov'è? Nessuno lo sa, ma di sicuro sappiamo che sto vecchietto di oltre 70 anni ha rotto il culo a tutti. A tutti.
Opera Totale.



SECONDO POSTO
MADRE! (Darren Aronofsky - USA 2017)


Il caciara movie con idee che hai sempre voluto vedere e non hai mai osato chiedere. Perchè per osare solo ideare un delirio del genere ci vuole un vero matto, e il nostro Aronofsky (autore dell'immenso REQUIEN FOR A DREAM) ha tutte le carte in regola per esserlo. Solo un folle avrebbe potuto imbastire una trama del genere, che parte come un dramma familiare da camera e finisce in una specie di quarta guerra mondiale devastante. Eppure a guardar bene l'opera, sotto la sua scorza assurdamente nonsense, ha invece profondissimi significati neanche del tutto celati, che partono dalla dicotomia uomo-donna, passando al discorso sulla creazione poetica, fino a raffinate e insieme raggelanti considerazioni sulla "creazione" cosmologica e sulla teologia. Un film che nei momenti più trash ricorda il JOAN LUI di Celentano, ma nei momenti più intensi ammicca ai maestri del surreale come Bunuel. I sonori fischi al Festival di Venezia sono solo la testimonianza della pigrizia intellettuale della stampa e in fondo anche del pubblico, ormai lobotomizzati dai prevedibili meccanismi narrativi seriali. Qui invece, in un turbine visivo incalzante, siamo letteralmente proiettati in una raffinata e insieme grossolana cosmologia a tinte horror, senza però dimenticare che è anche un film incredibilmente divertente, coinvolgente col quale si ride di gusto, di testa e di pancia.
Si parte da un piccolo "Paradiso terrestre" fino ad arrivare all' "Apocalisse".  Un delirio dunque, per gli occhi e per la mente. E il vero cinema dovrebbe proprio essere questo.



TERZO POSTO
NOCTURAMA (Bertrand Bonello - FRANCIA 2016)


Il vero film maledetto del 2017. Distribuito e poi fortemente osteggiato, sopratutto dal Centro Nazionale di Cinema francese. Perchè direte voi? Perchè il film di Bonello ha la (s)fortuna di raccontare i nostri tempi "devastati e vili", accendendo la miccia e innescando una detonazione deflagrante e insieme profondamente ambigua. Raccontando minuziosamente prima l'accurata e meticolosa preparazione, e poi la raggelante messa in opera di un attentato esplosivo nel cuore di Parigi architettato da un gruppo di ragazzi, il regista tocca due temi da sempre taboo: il racconto del contemporaneo e insieme dell'adolescenza. Mischiarli insieme è stata davvero una operazione coraggiosa, pericolosa, da grande artista. Forse solo il Fassbinder de LA TERZA GENERAZIONE aveva osato tanto. Ora però sono passati più di 30 anni, e la nuova (quarta?) generazione è figlia degli smartphone e del vuoto di coscienza siderale: messa da parte l'ideologia, rimane solo l'utopia. E se la prima parte del film segue strutture gelide e monotone (l'architettura gestuale e silente del progetto terrorista), la seconda parte ha la grandezza e insieme la magniloquenza del più alto cinema di genere (le citazioni da SHINING e ZOMBI si sprecano). Asserragliati in un lussuosissimo grande magazzino, luogo disprezzato ma fortemente seducente, i ragazzi attendono il martirio, lasciandosi sedurre dai beni di consumo, improvvisando danze, balli, canzoni pop (la struggente My Way intonata da uno di loro, con parrucca e rossetto, ecco dunque Fassbinder), come ironico e beffardo commiato verso quel consumismo talmente odiato e insieme fortemente assimilato. Verranno "colpiti al cuore", eliminati, cancellati, perchè scomode semplici persone comuni: "i terroristi li arresti, la gente l'ammazzi". Francia: Ultimo Atto?


QUARTO POSTO
CHIAMAMI COL TUO NOME (Luca Guadagnino - USA ITALIA 2017)


Meraviglioso, soave e insieme intenso, è la grande irruzione dell'Ammore nella nostra classifica, troppo spesso cinica e bara. Il racconto dell'iniziazione amorosa (sia etero ma sopratutto omosessuale) di un giovane adolescente nella magnifica campagna cremasca durante i favolosi anni 80 italiani, ci ha lasciati a bocca aperta. Guadagnino lavora in modo magnifico sulle location, come aveva fatto nel precedente A BIGGER SPLASH, sulla luce, sui colori, sui dettagli. Ma se quello era un film urlato e rocknroll, questo è invece sussurrato e deliziosamente pop, splendidamente puntellato da una colonna sonora perfetta che avvolge i protagonisti provenendo dai bar (i bellissimi bar degli anni 80), dalla tv (Festivalbar et similia), dalle radioline, dalle feste in piazza (meravigliose le scene di ballo sui Psychedelic Furs). Un film in "costume" ... da bagno ... nel senso che i due protagonisti vi rimangono praticamente dall'inizio alla fine, fino a quando non decidono di passare all'azione, vivendo con estrema naturalezza il loro amore. Non mancano le scene cult: la masturbazione "alla frutta" sulle note di Radio Varsavia di Battiato è da applauso. Ma la sottile eleganza dell'opera non viene compromessa, anzi ne viene rafforzata. Un finale che omaggia il bellissimo BROKEBACK MOUNTAIN di Ang Lee, e dei titoli di coda malinconicamente struggenti completano un piccolo grande capolavoro. Grandissimo Guadagnino, noi abbiamo sempre creduto in te!!! Adesso non ci deludere con SUSPIRIA però ... ;-)


QUINTO POSTO
INFANZIA DI UN CAPO (Brady Corbet - UK FRANCIA 2015)


Prodotto nel 2015 ma uscito in sala solo quest'anno, è opera raggelante e insieme istruttiva. L'incipit è allucinante: sulle immagini più devastanti della prima guerra mondiale irrompe una colonna sonora a strumentazione classica ma in stile post punk ad opera di un ispiratissimo Scott Walker. La puntigliosa descrizione della terribile, gelida, rigidissima educazione di un bellissimo bambino, follemente bisognoso d'amore, ci devasta e insieme tenta di spiegarci (se mai fosse possibile una spiegazione razionale) le condizioni sociali e culturali che hanno prodotto la seconda guerra mondiale. Diviso in tre capricci (tre piccoli grandi ripicche) che il bimbo manifesta per il suo disperato bisogno di amore e attenzione, bisogni che vengono rigidamente e fermamente disattesi, creando un inesorabile e aridissima educazione all 'odio.
A ogni capriccio il piccolo riceverà solo umiliazioni, repressioni, botte, privazioni. Intorno a lui un solo colore domina: il nero, indossato da preti, soldati, donne, uomini ... indossato da tutti. Intorno a lui solo una campagna devastata dalla guerra appena cessata, solo miseria e disperazione. Una madre frigida e spietata, un padre assente e fedifrago completano la frittata. Una volta adulto il protagonista assorbirà tutto l'odio che ha contraddistinto quegli anni, divenendo un probabile strumento del Male assoluto. Come tenta di spiegare uno dei protagonisti del film: "il problema delle guerre non è il dittatore malvagio, ma i suoi sudditi che non hanno il coraggio di essere buoni". Ma quando la stessa terribile educazione è stata condivisa da popolazioni intere, diviene difficile davvero attribuire colpe. Un film a tratti insostenibile (per la sofferenza provata dal bambino), fotografato in maniera livida e cupa, girato magnificamente. Un diamante nero che intimorisce e affascina contemporaneamente.     


SESTO POSTO
JOHNNY FRANK GARRETT'S LAST WORD (Simon Rumley - USA 2016)


Simon Rumley è uno dei nostri registi preferiti, autore del delirante THE LIVING AND THE DEAD e del devastante RED WHITE AND BLUE. Nonostante questi lavori precedenti flirtino molto coi generi, finora non aveva mai affrontato l'horror puro. Ora Rumley l'ha fatto: e ha realizzato un filmone. Partendo da una storia vera (l'esecuzione affrettata di un "possibile" omicida, con tanto di conseguente maledizione verso i suoi dubbiosi giudici) il regista realizza una dura condanna verso il sistema giudiziario americano (siamo ad Amarillo, Texas!!!) con chiare citazioni verso altri casi giudiziari rimasti ambigui (il look del protagonista non può non far venire in mente Charles Manson). Ma la grandissima dote di Rumley è quella di tenere sempre il timone ben dritto, senza perdere la strada . Un film che fa davvero paura, gelido, senza fronzoli, dallo stile impeccabile (date un po una occhiata al montaggio) e  insieme sanguigno (i colori impastati), pieno di sequenze shockanti. "Hang the Freak" urlano dei buzzurri texani a inizio film. "Don't touch the Freak" è invece da sempre il nostro motto. Perchè è meglio non farlo mai incazzare davvero il Freak ...


SETTIMO POSTO
CHRISTINE (Antonio Campos - USA 2016)


Anche questo film parte da una storia vera: il suicidio in diretta di una giornalista americana, Christine Chubbuck, avvenuto nel 1974. L'opera è un mirabile e spietato trattato sulla depressione umana, quella malattia misteriosa, spesso sottostimata e invece tremendamente pericolosa. Osserviamo un' inesorabile caduta dentro una "downward spiral" della protagonista, persona troppo "fragile" per poter sostenere le continue delusioni (personali, familiari, lavorative) che la vita le regala. Campos, maestro del disagio, realizza un film esattamente all'opposto del suo precedente bellissimo SIMON KILLER in cui era il protagonista a rovinare le vite di chi gli stava intorno: qui sono le persone intorno a Christine a condurla verso un finale terribile ma in fondo già scritto. La straordinaria prova d'attrice di Rebecca Hall completa il piccolo capolavoro. "In linea con la recente politica di Channel 40, sangue e budella, state per vedere a colori un altro tentativo di suicidio" sono le  Christine Chubbuck's last words. Da quel momento infatti, la televisione e l'intrattenimento americano in generale stava prendendo una terribile china verso l'exploitation che avrebbe successivamente infettato i media di tutto il mondo.


OTTAVO POSTO
PIELES  (Eduardo Casanova - SPAGNA 2017)


"L'umanità è orribile ma non possiamo scappare via perché noi stessi siamo l'orrore." E' questo il durissimo incipit del bellissimo film d'esordio di Edoardo Casanova, prodotto dallo scaltro Alex de la Iglesia. Curatissimo nei dettagli, nelle scenografie, nelle musiche, nei colori, PIELES è un capolavoro visivo dedicato alle deformità fisiche, un'ode alla forma del deforme. Un FREAKS di Browning fotografato da LaChappelle. Una serie di articolate storie ad incastro incentrate su Real Freaks: alcuni di loro vivono nella vergogna, altri invece sono orgogliosi del loro incredibile Body Bizzarre. Il film copre quasi tutto il campionario: abbiamo la nana che sogna una gravidanza, abbiamo la deturpata che ama il deturpato, abbiamo una incredibile ragazza nata con il culo al posto della bocca, abbiamo la cicciona che si innamora di una cieca, etc. Ma è il ribaltamento degli standard a colpire: "ti piaccio io o solo il mio aspetto fisico?" chiede la ragazza dal viso deforme al suo innamoratissimo fidanzato. In tal modo emerge fortemente il messaggio del film: ogni corpo è bello, basta solo trovare gli occhi della persona giusta. E infatti ognuno di loro troverà la sua strada in un finale commovente e struggente. A ben vedere il film non è altro che una soap opera: "Anche i freak piangono!". Applausi dunque a questo melodramma deforme ed esagerato, sottilmente sensuale, come la lingua in "bocca" che esplode sullo schermo poco prima dei titoli di coda. "Freak in pink, isn't she?"


NONO POSTO
RAW (Julia Ducournau - FRA 2016)


Altro che GET OUT (opera mediocre, opportunista e tardiva) ... l'horror politico dell'anno è questo gioiellino di Julia Ducournau. Perchè cosa c'è di più politicamente scorretto di una ragazzina della buona borghesia francese che da timida vegana si trasforma in una lasciva cannibale consapevole? Un film divertentissimo, zeppo di scene memorabili: il festone universitario ultraweird, la pisciata tra sorelle, la ceretta con cesoia (con dita che volano mozzate e prontamente ingurgitate!). E poi una colonna sonora da urlo, che svaria dall'horror rap ("Plus putes que toutes les putes"!!!) al pop italiano ("Ma che freddo fà" della nostra Nada utilizzata in maniera magnifica). Ma tutto il film si rivela in fondo una grottesca metafora della repressione e dei divieti che la società ci impone, snaturandoci e alienandoci da noi stessi. Ecco che allora lo spieghino finale familiare si rivela, oltre che molto divertente, una spinta a conoscerci ed accettarci così come siamo: in un mondo di apparenza e simulacri, è l'unico vero atto rivoluzionario che ci rimane.



DECIMO POSTO
THE KILLING OF A SACRED DEER (Yorgos Lanthimos - UK 2017)


Inizialmente, ad una prima visione, ci aveva un pochetto delusi. Un passo indietro rispetto a THE LOBSTER ci dicevamo. Ma a riguardarlo bene, il film è un chiaro tentativo di superamento del glaciale e scioccante cinema di HANEKE: un superamento ne da destra ne da sinistra, ma dall'alto. Perchè inserendo il surreale in un dramma implacabile tipico del regista austriaco, Lanthimos scompiglia davvero le carte. Pur mantenendo alcuni punti fermi di questo nuovo cinema europeo, come la regia formalmente perfetta, l'utilizzo dei colori glaciali, la recitazione monotona, l'inesorabile corso degli eventi, lo sguardo fisso sulle reazioni dei protagonisti, il regista greco opera una piccola rivoluzione relativa alla causa scatenante: utilizza l'inspiegabile, l'irrazionale, l'ultraterreno. Il regista infatti si ispira alla cultura della sua terra, alla tragedia greca, che in fondo non era che questo: reazioni umane a capricci divini. Il risultato è davvero sconcertante, disorientante, sia per i protagonisti e sia per gli spettatori in sala. Un po come le tele del pittore Mark Rothco, che la locandina del film pare citare: immense, profondissime, alienanti, ineffabili.


Altri film degni di nota:
  • BLADE RUNNER 2049 (Denis Villeneuve - USA 2017): dalla fantascienza alla fanta-coscienza, commovente.
  • THE LOVE WITCH (Anna Biller - USA 2016): dai "sweet dreams" ai "sex crimes". Ultrapop!
  • THE UNTAMED (Amat Escalante - MESSICO 2016) : lei, lui e il mostro ... Possession in salsa chili! Interessante. 
  • THE EYES OF MY MOTHER (Nicolas Pesce - USA 2016): film estremo "per difetto", forse eccessivamente freddo ma molto coraggioso. 
  • ALWAYS SHINE (Sophia Takal - USA 2016): quello che abbiamo sempre sognato fare alla nostra "migliore" amica ... e non abbiamo avuto mai il coraggio di compiere! Tagliente!


SERIE TV

Da quest'anno noi di Caina abbiamo deciso di calare drasticamente il numero di serie televisive da visionare. I motivi sono molteplici, e ci rendiamo conto non del tutto condivisibili. E' nostra opinione che, tranne rarissimi casi, la serialità televisiva stia diventando prodotto da "salotto", uniformato ai nuovi standard imposti da Netflix: trame inizialmente affascinanti, zeppe di personaggi misteriosi, ma in fin dei conti deludenti. La grossa differenza tra cinema e tv non è più ormai negli standard realizzativi (ormai il digitale ha appiattito le differenze tecniche), ma nel modello di business finale. Il film prevede una visione in sala: una volta pagato il biglietto l'incasso è avvenuto, e anche se lo spettatore mollasse la visione a fine primo tempo il modello sarebbe soddisfatto. La serie tv prevede invece la fruizione continua del prodotto, in modo da massimizzare l'esposizione pubblicitaria (nella tv via cavo) o invogliare l'utente ad abbonarsi (nel caso delle web tv): quindi l'utente va tenuto fermo davanti allo schermo, in un continuo flusso di emozioni e stimoli a non mollare (che poi è il meccanismo del web-porno ...). Il finale, nel caso delle serie tv, o è deludente oppure è un cliffhanger verso nuove interminabili stagioni. E' la quantità a contare, non la qualità. Ci spiace, ma questo meccanismo è davvero umiliante. Preferiamo di gran lunga  metterci comodi e sorbirci le emozioni di un canonico film da 2 ore, piuttosto che averle diluite in 15/20 ore di episodi altalenanti. Chi ama davvero il cinema, ci segua!

Detto questo, oltre all'immensa TWIN PEAKS, solo un'altra serie tv ci ha davvero trafitto il cuore ...

FEUD (Ryan Murphy - USA 2017)


Da uno dei creatori della fantastica AMERICAN HORROR STORY, la messa in scena del dietro le quinte di uno dei più famosi horror della storia del cinema: CHE FINE HA FATTO BABY JANE?. Litigi, scenate, litigate, sotterfugi, dispetti, ripicche, invidia e tanto tantissimo odio. Tutto il peggio possibile tirato fuori da due attrici immense (Susan Sarandon e Jessica Lange) che impersonano due attrici mitologiche (Bette Davis e Joan Crawford). La televisione che omaggia splendidamente il cinema, mettendosi al suo servizio, in un cortocircuito vorticoso e magnifico.


MIGLIOR ATTORE
KYLE MACLACHLAN


Una performance attoriale che passerà alla storia, anzi che è già storia. L'attore feticcio di David Lynch sorprende tutti gli appassionati di TWIN PEAKS moltiplicandosi in tre, e facendoci letteralmente impaurire, emozionare, divertire. E quando poi da trino ritornerà uno, in quel finale angosciante e senza speranza, andrà a sfondare quella quarta parete che ci divideva (attore e pubblico), portandoci per sempre con lui e Laura Palmer in un universo senza tempo ... "Lost in time, and lost in space, and meaning" ... (chi coglie la citazione vince un quadro di David Lynch da andare a ritirare direttamente nel suo studio/ferramenta di Los Angeles!!!).


MIGLIOR DOCUMENTARIO
ETRE CHEVAL (Jérôme Clément-Wilz - FRA 2016)


Horse being ... essere un cavallo. Letteralmente trasformarvisi, fisicamente ma sopratutto mentalmente. E' questo l'arduo compito della trangender Karen, che dalla Francia si trasferisce in America, per sostenere il duro addestramento da parte di un vecchio e simpatico cow-boy, esperto nell'arte del pony-play. Il regista ne segue il durissimo lavoro, gli iniziali fallimenti, i seguenti rimproveri dell'insegnante, e i tanti passi avanti fatti da Karen verso il suo desiderio equino. Visto grazie al fantastico HACKER PORN FILM FESTIVAL di Roma, è indubbiamente il miglior documentario dell'anno: apparentemente bizzarro e invece profondamente poetico e toccante. Perchè a fine corso/percorso Karen guadagnerà una nuova visione del mondo, dell'amore, della natura, della sessualità e della sua umanità. Toccante.


PEGGIOR FILM
I FIGLI DELLA NOTTE (Andrea de Sica - ITA 2017)


Potremmo scrivere cose molto brutte di questo film, insipido, involontariamente ridicolo, clamorosamente noioso. Ma noi di Caina siamo buoni, e anzi regaliamo un consiglio al regista: se ti piace raccontare storie di bullismo, educazione, punizioni e prostituzione, ti consigliamo vivamente di visionare il durissimo THE TRIBE (PLEMYA), e non la favola di Hansen e Gretel. Ma a sorpresa il film in questione va a vincere il Nastro d'Argento e allora forse siamo noi ad aver preso una cantonata. Rimane un fatto: il De Sica che ci piace sta in alta montagna, ma non dentro un collegio in Trentino, bensì in un hotel a Cortina a cantare Maracaibooo!!!

Posta un commento

0 Commenti