La Paura è da Principianti: DARIO ARGENTO PANICO (Simone Scafidi - 2023)

"Fare paura è da principianti. Io cerco il Panico" (Dario Argento)

Introduzione

Dario Argento seduto sul sedile posteriore di un taxi, osserva dai finestrini la quiete surreale della campagna romana. Arriva in una bellissima e sperduta villa, mentre in parallelo scorrono le scene iniziali di "Suspiria". "Ma dove mi hai portato?!" è il rimprovero bonario che il regista rivolge al suo agente (l'avvocato e astrologo televisivo Simon and the Stars).

Siamo dietro le quinte del processo creativo di Argento, il rituale prima di ogni suo nuovo lavoro: isolarsi in un hotel per lavorare all'ultima sceneggiatura. La "Paura" reverenziale che il regista confessa di provare verso ogni nuovo film, prevede questa rigida consuetudine. Un timore sacro verso le proprie creazioni: il maestro del terrore, tremante di fronte ai suoi stessi film! 

Ma questa volta non sarà solo. Insieme a lui il regista Simone Scafidi e la sua troupe per girare il documentario in questione. Verranno a trovarlo parenti, amici, collaboratori e registi. Quello che vedremo non sarà dunque un semplice viaggio nel processo creativo del Maestro, ma anche una immersione nella sua componente umana, fatta di emozioni, passioni, tormenti e demoni interiori. 

Scafidi, grazie a un mix di immagini potenti (un encomiabile lavoro di ricerca), musiche da brivido e interviste esclusive vuole mostrare il regista insieme al suo doppelganger: il Maestro memorabile e l'Uomo vulnerabile. 

Da sempre un enigma: "Chi è davvero Dario Argento?"


Capitolo 1: Infanzia e giovinezza

Dario Argento nasce in una famiglia che vive e respira arte. In particolare il regista ama ricordare sua madre, Elda Luxardo, rinomata fotografa delle dive anni '50, quelle donne affascinanti e inquietanti che popolavano l'immaginario di quegli anni. Quelle dark lady con i loro sguardi magnetici in b/n diventeranno i prototipi delle eroine tormentate che vedremo nei suoi futuri film.

Floriana Argento, la sorella di Dario, ci racconta di un ambiente casalingo trasudante cinema: un padre produttore, una madre fotografa, un ambiente lavorativo carismatico e misterioso, che cattura la passione del giovane Dario. Gli scherzi spaventosi coi quali terrorizza la sorella nell'enorme appartamento nobiliare rivelano il suo precoce talento per il macabro. 

Poi arriva la giovinezza e la sala cinematografica diventa la sua nuova casa. Il documentario sottolinea come le opere di Alfred Hitchcock e Sergio Leone abbiano avuto un impatto profondo sul giovane Argento. Il regista inglese col suo magistrale uso della suspense, e l'italiano con l'innovativo utilizzo della macchina da presa.

Toccante l'apparizione della prima moglie del regista, Marisa Casale, amica intima della sorella Floriana. Il racconto del primo incontro con Dario è una testimonianza timida ed emozionante, per una figura da sempre poco indagata.


Capitolo 2: Gli esordi

La carriera cinematografica di Dario Argento non inizia in modo facile. Come ogni giovane artista, Dario si trova a navigare attraverso difficoltà e incomprensioni. Un esempio emblematico è il suo scontro con l'attore Tony Musante durante la realizzazione del suo film d'esordio, "L'uccello dalle piume di cristallo" (1970): thriller innovativo, che segna l'inizio della sua trilogia degli animali (pare che l'idea dei titoli animaleschi sia venuta a un mago!). Le litigate tra Argento e Musante sono ormai leggendarie. Nonostante le tensioni sul set, il film ha un successo straordinario: è la nuova era del giallo italiano e Argento ne diviene il Maestro.

Un film esemplare dell'intreccio tra l'uomo e l'artista è "Quattro mosche di velluto grigio" (1971). L'opera riflette la crisi personale con la prima moglie, che rimane sconvolta dalla visione: l'attore e l'attrice protagonisti (Michael Brandon e Mismy Farmer), sono praticamente identici alla coppia Argento Casale, rendendo il film un ritratto di famiglia inquietante. "Ma che ti ho fatto? Perchè pensi che ti voglia uccidere?" dirà la Casale in lacrime.

In quegli anni di sperimentazione Argento si avventura anche nel piccolo schermo. La serie "La porta sul buio" (1973) che crea per la Rai è un vero exploit e consolida la sua notorietà. Un laboratorio creativo dove Argento può sperimentare insieme ad altri registi; uno di questi è Luigi Cozzi che diverrà suo collaboratore e amico inseparabile.

Non tutte le sperimentazioni riescono. "Le 5 giornate" (1973), una commedia storica con Celentano, si rivela un fallimento. La figlia Asia ci spiega come, invece di abbatterlo, questa esperienza negativa sia diventata una lezione preziosa. Argento ritorna con rinnovata energia al genere che conosce meglio. Questa volta però con maggior furore: vuole portare il giallo italiano a un livello superiore. Il nuovo film sarà un vero spartiacque per Argento, per il cinema italiano, per il cinema mondiale. E lo renderà il Maestro del Brivido.


Capitolo 3: I capolavori

"Profondo Rosso" (1975), con le sue trame intricate, colpi di scena mozzafiato e un uso innovativo della cinepresa, dei colori, della colonna sonora dei Goblin, ha del rivoluzionario. La combinazione di atmosfere gotiche e moderniste, di location composte da diverse città, crea un'esperienza cinematografica unica: un balletto di terrore e bellezza che tiene lo spettatore incollato allo schermo. 

Con "Suspiria" (1977) il regista compie lo strappo definitivo: dal giallo all'horror, dal razionale al delirio. Definito da Nicholas Winding Refn come una "droga fiabesca", "Suspiria" è un'opera d'arte assoluta. La sua estetica surreale, i suoi colori saturi e la colonna sonora ipnotica (per Claudio Simonetti è lo zenith creativo dei Goblin), trasformano una scuola di danza in un incubo stregonesco e allucinatorio. 

Gli intrecci tra uomo e artista qui prendono una china dolorosa, a causa del dissidio tra Dario Argento e Daria Nicolodi; sua moglie, collaboratrice, co-scrittrice del film. Asia Argento con lucidità fornisce una idea precisa dello strappo tra i suoi genitori: Suspiria è stato come un figlio, voluto e partorito da entrambi, ma durante la fase produttiva li ha irrimediabilmente allontanati. Argento ricordando Daria ha lo sguardo basso, le parole fanno fatica a uscire. E Scafidi, con grande rispetto, scosta la camera passando ad altro.

Scorrono le immagini dei film successivi.

"Inferno" (1980), opera sperimentale e audace, definito da Guillermo del Toro "maligno e misterioso". Gaspar Noé ne paragona la struttura onirica a capolavori surrealisti tipo "Un chien andalou" di Buñuel. 

"Tenebre" (1982), il ritorno al giallo puro, descritto da Refn come una "sfilata di moda surreale". Le sequenze di repertorio nelle quali si vede Argento girare con la louma (una speciale gru snodata) sono straordinarie. 

"Phenomena" (1985), in cui si mescolano horror, fantasy e thriller. Divertente la testimonianza di Franco Ferrini, co-sceneggiatore del film, che in quegli anni desiderava essere Daria Nicolodi, per avere il privilegio di scrivere per Argento.

"Opera" (1987), reso memorabile dall'idea sadica degli spilli oculari e dalle presunte tensioni sul set con l'attrice Cristina Marsillach, che regala bellissime e commoventi parole al regista.


Capitolo 4: Gli anni '90 e oltre

Qui si esplora un periodo di grande trasformazione per Dario Argento, e per tutto il cinema. È un decennio in cui il regista deve confrontarsi con nuovi stili, nuovi gusti, nuove tecnologie e soprattutto grandi cambiamenti produttivi: bisogna adattarsi, reinventarsi. Michele Soavi, noto regista e collaboratore di Argento, spiega bene la situazione: i budget di una volta non c'erano più. Refn però fa notare come Dario abbia comunque saputo mantenere la sua rilevanza artistica. 

Sono gli anni in cui Dario inizia a collaborare con sua figlia Asia Argento, che sul set diviene il suo doppio.

Prima con "Trauma" (1993), film che segna il debutto americano di Argento, aprendo a nuove prospettive e collaborazioni. Asia ricorda con tormento il tema dell'anoressia, male di cui era afflitta Anna, la sua compianta sorella.

Poi con "La sindrome di Stendhal" (1996), dove padre e figlia realizzano un'opera estrema e toccante, che ha permesso ad ambedue di esplorare nuove profondità emotive e creative. 

A seguire "Il fantasma dell'Opera" (1998), dove Asia sottolinea come il film rifletta un lato più oscuro e provocatorio del cinema di suo padre. 

Infine, l' ennesima crisi familiare. Ne "Il cartaio" (2004), sebbene fortemente voluta da Dario come protagonista, Asia si trova impossibilitata a parteciparvi. Questo porta una frattura nel rapporto. Ancora una volta il lato umano e controverso di Dario Argento viene esplorato dal documentario.


Un Finale Esplosivo

Il documentario culmina in un finale esplosivo e sorprendente. Il maestro dell'horror affronta uno dei temi ricorrenti più paurosi del suo cinema: la Morte. Un momento di riflessione profonda: Argento parla con sincerità regalando allo spettatore un'intimità rara e preziosa. Ma proprio quando il discorso si fa più cupo ... ecco il colpo di scena, la trovata a sorpresa, il ribaltamento ... che però non vi riveliamo. La musica esplode, e in sala... Panico! 


Le Tre Chiavi 

In "Inferno", le Tre Madri dominavano il mondo per mezzo del dolore, delle lacrime e delle tenebre. E tre erano le chiavi per svelare i loro mortiferi segreti. Scafidi esplora l'universo creativo di Argento attraverso altre tre chiavi tematiche: isolamento, sdoppiamento e panico. 

Isolamento: Argento si ritira in un hotel per scrivere la sua nuova sceneggiatura, un espediente coerente con il suo metodo creativo. Lontano dalle distrazioni quotidiane, si immerge nella sua sfera interiore, trovando ispirazione nel silenzio e nella solitudine.

Sdoppiamento: Questo tema è una peculiarità di molti personaggi nei film di Argento. Il regista stesso parla di sé come se fosse spaccato in due: il Dario che crea incubi e il Dario privato, comune, ordinario. L'eterna lotta tra uomo e artista. 

Panico: Argento afferma che spaventare il pubblico è da sempre una sua ossessione. Ma di non perseguire il semplice terrore ("che è da principianti"), bensì il Panico: la paura che si fa delirio. Dominati dal dio Pan: protettore della natura, delle forze oscure e indomabili, dell' energie istintive e vitali.


Tre passi nel panico.

Il numero tre ricorre nel documentario anche nei registi internazionali chiamati a testimoniare il lascito di Argento. Nicolas Winding Refn, Gaspar Noé e Guillermo del Toro, sebbene di generazioni successive, hanno fortemente subito la sua influenza e lo considerano un pioniere e un innovatore. Del Toro si concentra sulla "frenesia eretica" del cinema argentiano. Noè sull'erotismo sublimato nei suoi film. Refn lo paragona alle iconiche figure artistiche italiane classiche. Tre visioni dello stesso Autore.

Tre Parallelismi Arditi: Jodorowski, Fellini e Fassbinder

E sono ancora tre i parallelismi arditi che ci hanno intrigato durante la visione del documentario.

Il concetto di Panico non può non fare venire in mente il Movimento Panico, un collettivo artistico formato negli anni '60 a Parigi da tre geniali menti surrealiste: Fernando Arrabal, Alejandro Jodorowsky e Roland Topor. Influenzati da Bunuel e Artaud, teorizzavano un'arte provocatoria, scioccante, violenta, atta a liberare le energie della natura. Jodorowky in particolare nel 1989 realizzerà il film "Santa Sangre" prodotto dalla famiglia Argento, pellicola sanguinosa e fortemente debitrice al cinema di Dario.

La struttura narrativa del documentario da Scafidi ci offre un affascinate parallelo con "Otto e mezzo". Anche nel capolavoro di Fellini, un regista si ritira in un albergo per lavorare a un nuovo film e riflette sulla sua carriera, ricevendo visite da figure significative della sua vita, 

Il legame con il cinema di Fassbinder, emerge, invece, in maniera insospettabile. Scafidi racconta come Argento citi spesso una frase attribuita al tedesco: "La famiglia è l'origine di tutti i mali". Clamorosa è la confessione che Argento concede alle telecamere. Alla domanda "perchè fai cinema?" il regista romano ammette candidamente citando R.W.F : "Perché voglio essere amato".


L'enigma

Arrivati alla fine di questo viaggio l'enigma rimane: "Chi è davvero Dario Argento?"

Impossibile rispondere: non per mancanza di materiale, ma per l'esatto contrario. L'accumulo di immagini, suoni, interviste, confessioni permette di scandagliare nell'intimo il regista, ma contemporaneamente di mantenere intatta la sua Magia. 

E ci ritroviamo in lacrime, come la Marsillach, muti, in preda al Panico!


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Vi invitiamo a visitare la mostra
 DARIO ARGENTO RELOADED

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