
"Pronto ... Chi è, la signora?"
"No. So' Magnotta!"
L’uomo, la voce, il mito.
Mario Magnotta è una voce gracchiante, telefonica, distorta, che proviene da un'Italia minore degli anni ’80, quella fatta di bar fumosi, juke-box e autoradio che suonano. È una creatura della provincia: tra il dimesso e il ribelle, un composto di dialetto ruspante ed esasperazione. Un mito accidentale, sgusciato fuori da una lavatrice e diventato un simbolo. In un paese che vorrebbe fabbricare leggende dal basso (perchè più vere, perchè più italiche), Magnotta è davvero una mitologia sincera: da "semplice cliente" a icona assoluta.
Ma conoscete l’incredibile storia del Magnotta?
No? Allora accomodatevi.
Perché abbiamo finalmente un documentario che prova a tirare le fila di questa leggenda!
THE RISE AND FALL OF MARIO MAGNOTTA
1 - Aquila 1987
Un’Italia pre-internet che pulsa ancora in analogico: stereo portatili, mangiacassette che ingoiano nastri magnetici, voci che viaggiano veloci grazie al passaparola e al telefono fisso, unico vero social network dell’epoca. È un Paese che non conosce ancora la parola “virale”, ma già la pratica, senza accorgersene.
L’Aquila è un microcosmo perfetto: le montagne che stringono la città, isolandola; gli istituti tecnici popolati da studenti irrequieti, la goliardia che fiorisce nei corridoi, nelle aule, nei bar dove il dialetto è più potente di qualsiasi algoritmo. Qui nascono piccole epopee e grandi scherzi che sfuggono di mano.
È un mondo ingenuo, imperfetto, a suo modo una forma di resistenza culturale. Un mondo che non sa ancora cosa sia un "meme", e proprio per questo ne sta creando uno dei più duraturi: un bidello esasperato che parla come parlano tutti, ma che, per un cortocircuito del destino, diventa l’altoparlante di un’Italia nascosta. Magnotta non è ancora un mito. Sta solo scaldando la voce.
2 - Anatomia dello scherzo telefonico:"Perchè mi volete appioppare questa lavatrice?!"
Nel mondo precedente, quello pre-web, lo strumento di comunicazione più comune era il telefono: fisso, grigio, pesante, con la ruota girevole che scandiva i numeri come un metronomo domestico. Era medium, arma e trappola. Da lì passavano le notizie, le ansie, le speranze… e soprattutto gli scherzi. In un’epoca in cui non esisteva il numero visibile, non si poteva bloccare una chiamata né verificare l’identità del chiamante, la vittima era inerme: poteva solo subire, senza un volto cui opporsi, senza sapere chi fosse il suo aguzzino.
E gli scherzi prosperavano. Dove? Nella provincia, naturalmente: regno della noia creativa, laboratorio spontaneo di crudeltà goliardica, terra fertile per ogni piccola cattiveria geniale. Il telefono suonava. E la storia comincia.
Tutto nasce da una lavatrice: l’elettrodomestico meno epico del mondo, trasformato da Videtta e De Dominicis (gli autori dello scherzo) in un ordigno narrativo pronto a esplodere. I due ex studenti, goliardi di razza, sono spiriti del caos e giocano con la realtà loro intorno. Armati solo di un telefono fisso e una fantasia velenosa, costruiscono un complicato intrigo di assurde clausole, rimborsi improbabili, debiti incrociati che neppure Kafka sobrio avrebbe saputo immaginare.
Scelgono accuratamente la loro vittima. La chiamano: la telefonata, all’inizio innocua, scivola lentamente nel grottesco. Magnotta risponde, si confonde, cerca di capire. Poi esplode. E in quell’esplosione nasce la tragedia comica: un uomo solo contro un mondo che gli vuole rifilare lavatrici fantasma e contratti capestro. La sua voce diventa detonatore emotivo: c’è l’esasperazione di chi si sente preso in giro, l’ingenuità di chi si crede davvero vessato, la verità nuda di chi non sta fingendo. E telefonata dopo telefonata, richieste assurde e clausole vessatorie improbabili trasformano Magnotta da "semplice cliente" a superstar.
3 - Super Magnotta e l’esplosione virale: "M'iscrivo ai terroristi!"
Ad innescare la bomba mediatica è un urlo ormai diventato celebre: “MO M'ISCRIVO AI TERRORISTI!” subito assurto a un nuovo mantra. Non è solo esasperazione travestita da minaccia: è un grido primordiale di ribellione contro la burocrazia, contro l'ingiustizia, contro un mondo che non ti ascolta. È in quell’attimo che Magnotta smette di essere un bidello e diventa, suo malgrado, un archetipo.
E poi succede l’impossibile: la cassetta esce dal recinto dei goliardi e si mette a camminare da sola, come un animale selvatico liberato per sbaglio. Nessuno sa davvero chi l’abbia fatta circolare per primo (il mistero rimane sospeso come una leggenda metropolitana), ma nel giro di poche settimane quella voce graffiata, esasperata, irresistibile invade autoradio, feste universitarie, appartamenti in subaffitto, discoteche dalle luci al neon. Perfino sulla barca degli Agnelli, raccontano, risuonava il Magnotta furioso contro clausole fantasma e lavatrici maledette.
È la nascita di un proto-Internet artigianale: copie di copie di copie, nastri duplicati su impianti improvvisati, audio che perde qualità ma guadagna mitologia. Il Paese non lo sa, ma sta creando il primo "meme" nazionale: un frammento sonoro che passa di mano in mano, si deforma, si amplifica, diventa linguaggio comune. Magnotta diventa "quello della lavatrice", una maschera pop che tutti riconoscono senza aver mai visto il suo volto.
E mentre la cassetta viaggia, lui protagonista riluttante, si ritrova VIP per sbaglio. Serate in discoteca, microfoni in mano, risate ovunque. Lo chiamano in tv, lo invitano a commentare notizie, lo trasformano in personaggio. Il bidello di provincia è diventato, suo malgrado, un fenomeno nazionale. Un’icona, prima ancora che esistessero le icone virali.
4 - Il secondo tragico Magnotta: "Per voi Magnotta è morto!"
Ma dopo il picco di notorietà, arriva la decadenza. Gli ultimi anni di Magnotta scorrono lontani dai riflettori: il bidello torna a essere un uomo qualunque, fragile e stanco. Muore prematuramente, nel 2009,con addosso la paura che l'Italia si sia dimenticata di lui. Ma si sbaglia di grosso. Perchè un esercito di fan della prima ora e di nuovi adepti, sta edificando il suo culto pezzo dopo pezzo. E la tecnologia questa volta sta venendo in suo aiuto.

Inizio anni 2000: Internet diventa il nuovo grande connettore dell’informazione, e gli mp3 sono il carburante di una viralità ancora selvaggia. Qualcuno ha l’intuizione di digitalizzare tutte le ore di telefonate tra Magnotta e i suoi aguzzini: è l’esplosione numero due. Il bidello dell’Aquila torna prepotentemente famoso, rimbalza online dai primi portali rudimentali alle comunità sempre più organizzate, fino a Facebook, dove diventa icona, meme, reliquia sonora. Una nuova generazione scopre la sua voce, e Magnotta torna a regnare, questa volta nell’impero digitale. Magnotta non è mai morto. Stava solo aspettando la banda larga.
The Magnotta Universe
Oggi l’universo Magnotta vive in una galassia parallela, popolata da nerd, devoti della voce e archeologi del nastro magnetico. Ci sono pagine Facebook che ne custodiscono ogni sfumatura dialettale, siti che restaurano e rimasterizzano le telefonate come reperti archeologici, gruppi tribali che discutono ossessivamente su quale sia la versione “più pura” della cassetta originale. È una religione del verbo analogico in un mondo digitale: un culto che si nutre del fruscio, della distorsione, delle imperfezioni che oggi i software cancellano senza pietà.
In questo fervore creativo Magnotta diventa una creatura pop polimorfa. Diventa protagonista di un videogioco, Super Mario Magnotta, in cui il nostro eroe salta ostacoli burocratici e raccoglie lavatrici a iosa. Finisce in un fumetto, Magnotta Wars, che lo trasforma in uno Jedi abruzzese perduto nella galassia. Meme, remix, mash-up: l’icona rinasce ogni volta sotto nuove forme, sempre più assurde, sempre più affettuose. Il virus si moltiplica.
È come se una nazione intera avesse deciso di conservare quel frammento vocale come patrimonio genetico. La figura di Magnotta continua a evolversi, mutare, reincarnarsi. Da bidello esasperato a personaggio pop-fantascientifico, da vittima di uno scherzo a simbolo di una comunità che ha trovato nella sua voce un modo per riconoscersi.
Il documentario: Magnotta, l'uomo e il personaggio
Quarant’anni dopo, finalmente un documentario prova a ricostruire l'assurda parabola di un uomo comune diventato, senza volerlo, pioniere della viralità italiana. Il film non cerca la risata facile: vuole provare a restituire a Magnotta un volto oltre a una voce. Semplice cliente descrive lo scherzo ma mostra anche il silenzio dopo la beffa, quello in cui riaffiora l’uomo quotidiano: il bidello che si alza presto, torna stanco a casa, borbotta, e si rimette a dormire. Il documentario invita a guardare alla persona dietro al personaggio, tra amara nostalgia e umanità. È il tentativo di “eroicizzare” la vittima, di restituirgli quella dignità che gli scherzi gli avevano sottratto: il bidello esasperato che diventa figura tragica, luminosa, quasi epica.
Tra i meriti più evidenti c’è la ricostruzione accurata degli eventi, l’accesso al materiale di repertorio e le testimonianze preziose di chi lo ha conosciuto davvero. Soprattutto la figlia Romina, che con la sua presenza dolente e composta dà un peso umano a una storia che rischiava di restare intrappolata nel folklore. Gli scherzi fanno ridere, ma provocano anche molto dolore.
Un documentario che parte da una risata fragorosa e termina in un abbraccio che spezza il fiato: Romina e gli organizzatori dello scherzo, uniti da un dolore condiviso e da un’assenza che brucia. A ciascuno di loro, Magnotta manca davvero.
E manca anche a tutti noi, quel novello Fantozzi che ci permetteva di ridere di noi stessi. In un mondo invaso da call center, spam, violazioni di privacy e inganni mascherati da “offerte imperdibili”, siamo diventati tutti un po’ Magnotta. E da qualche parte, sicuramente, qualcuno sta ridendo alle nostre spalle.
Romina: Il dolore dietro la risata
Il cuore del documentario è Romina: la figlia che si è portata addosso il peso di quell’epopea comica, come una condanna silenziosa. Mentre il mondo rideva di suo padre, lei cresceva nell’ombra di un uomo che era stato prima sfortunato orfano, poi un banale bidello, infine fenomeno nazionale.
Romina incarna il lato oscuro della viralità, quello che nessuno vuole vedere. Racconta la vergogna a scuola, l’isolamento, gli sguardi pesanti. La sua scelta definitiva: la sparizione. Scappare da tutto, perfino dal cognome. Il momento più forte, cinematograficamente e umanamente, arriva quando confessa di non aver mai ascoltato una sola di quelle registrazioni. Mai. Non voleva sentire l’umiliazione trasformata in intrattenimento.
In quella rinuncia c’è tutto: il dolore sepolto, la fragilità familiare, la ferita che gli scherzi hanno aperto più a fondo del previsto.

Magnotta dopo Magnotta
Il recupero dell'epica del Magnotta ha riportato il mito in auge. Definitivamente. Alla sua morte, nel 2009, la città lo saluta come si salutano gli eroi: con affetto, con confusione, con un pizzico di orgoglio retroattivo. Il funerale diventa un evento mediatico, con il sindaco che lo eleva a emblema dello spirito aquilano: resilienza, autoironia, sopravvivenza. Ma la domanda s'insinua tra le inquadrature: è nostalgia sincera o appropriazione postuma? Stiamo ancora una volta usando la sua voce impunemente?
La tomba firmata Taffo, il murales a lui dedicato, la sua casa segnalata su Google Maps come "luogo di culto". Queste e altre cose ci pongono delle domande. Gesti affettuosi? Operazioni pop? Santificazione laica? Exploitation di ritorno?
Il regista Alessio de Leonardis sceglie una chiusura poetica, con l’abbraccio tra Romina e gli autori dello scherzo: un gesto fragile, forse non completamente liberatorio, ma necessario. L’uomo delle telefonate torna a essere padre, torna a essere umano, e forse una storia si chiude.
Eppure, quando scorrono i titoli di coda, restano i dubbi. Magnotta è stato vittima o eroe? Ha mai smesso davvero di imprecare? Oppure è ancora presente, come un fantasma contro-culturale, e si sta beffando lui di noi?
Magnotta come parabola nazionale
Magnotta è stato una perfetta parabola nazionale: prima deriso, poi trasformato in fenomeno, infine santificato come martire italico. È stato il primo evento virale analogico, una voce che ha attraversato l’Italia intera senza bisogno di fibra ottica.
Oggi, nell’epoca dei social tossici, cosa sarebbe diventato Magnotta? Un meme di poche ore? Una vittima di cyberbullismo? Un fenomeno da TikTok? O forse, ancora una volta, lo specchio distorto in cui si riflette la nostra complessa collettività?
In una delle sue ultime telefonate, ormai allo stremo delle forze, avvertiva i suoi aguzzini: "PER VOI MAGNOTTA È MORTO!". Si sbagliava. Magnotta non è morto: è risorto, amplificato, duplicato, riascoltato, moltiplicato. E ci ricorda beffardamente cosa siamo davvero: fragili, goffi, vulnerabili.Magnotta è vivo. E lotta insieme a noi.
.jpg)













0 Commenti