12 Novembre 2005. E’ sabato, Caina si reca in Via Conchetta per assistere ad uno rari eventi realmente stimolanti di Milano. Il Centro Sociale COX18 ospita la mostra itinerante BEAT HIPPY AUTONOMI PUNK – ALL’ASSALTO DEL CIELO, una retrospettiva sulle controculture e i movimenti giovanili dagli anni 50 ad oggi, che come scritto sul denso volantino “hanno stravolto il modo di vivere sociale, politico, culturale, e hanno tentato di allargare l’area della coscienza per dare l’assalto al cielo”.
Partita dalla Casa delle Culture di Cosenza, dove è stata presentata a Luglio scorso in occasione del Festival delle Invasioni, la carovana controculturale stà facendo su e giù per l’Italia. Caina vi si infila per la tappa milanese, sicura che la serata potrà riservare delle gustose sorprese. Infatti la mostra vede tra gli ideatori il barbutissimo Giancarlo Mattia, noto a Caina come uno dei massimi conoscitori italiani delle gesta di Charles Manson (che va sempre giù di gusto), e inoltre gli ospiti in cartellone sono molto “promettenti” …
Ad accoglierci all’entrata, nella prima sala del C.S.O.A. COX, ci sono alcuni poster che illustrano, in una sorta di viaggio visivo che va dagli anni 50 in poi, gli eventi e i personaggi che hanno fatto questa “sporca” storia: si parte dalla Beat Generation (Kerouac, Ginsberg, Burroughs, etc.), proseguendo con il Living Theatre, l’Isola di White, il movimento Hippy, fino ad arrivare alla rivista OZ e ai movimenti punk. Naturalmente il vecchio Manson è onnipresente, come fosse un’icona, un simbolo perpetuamente riprodotto in molti settori della rassegna e su vari movimenti culturali ivi rappresentati, quasi a confermare l’estrema influenza che Charles Manson e la sua Family hanno avuto sulla controcultura americana.
La mostra può vantare anche una serie di eventi correlati, come la partecipazione di Lydia Lunch, una delle performer più significative degli anni 80/90, e gli incontri LUMI DI PUNK, una serie di dibattiti sulla nascita della controcultura punk in Italia, e su come tale devastante fenomeno abbia avuto alterne fortune in varie città simbolo (Milano, Bologna, Firenze, Genova), di volta in volta raccontate da ospiti diversi tra i più rappresentativi dell’epoca. Il sabato in questione sono di scena Helena Velena e Laura dei Raf Punk, cult band bolognese dei primissimi anni 80, tra le più estreme e politicizzate, che ci raccontano la prima scena punk di Bologna, coordinate da Marco Philopat.
Per chi non lo sapesse, Helena è stata\o una\o degli agitatori culturali più importanti degli anni 80: ha capeggiato il movimento punk bolognese, guidato i Raf Punk verso l’intransigenza musicale e politica, ha scoperto i CCCP (dei quali però non parla quasi più). Dagli anni 90 in poi ha scelto altre strade per le sue battaglie, divenendo una delle menti più provocatorie dell’underground e uno dei pochi esempi di vera “controcultura”, vissuta coraggiosamente sulla propria pelle.
Riempie interi libri di assalti contro qualsiasi regola prestabilita, conducendo battaglie politiche sempre sul filo della provocazione. Inizia una sua ricerca personale sull’eros e la pornografia, profetizzando il cybersex, testando le primissime tute dell’amore virtuale, e realizzando uno dei migliori siti pornografici in Italia. Non disdegna apparizioni televisive, fino a divenire conduttrice di una delle trasmissioni capitoline più sessualmente libere dagli stereotipi.
Una delle sue frasi più famose, ne riassume la vera filosofia di vita: ”E’ facile fare i punk a venti anni, ma è a quaranta, che molti smettono e i veri continuano”. Per Helena il punk non è un semplice stile musicale, e neppure un fenomeno giovanile da raccontare comodamente seduti in poltrona; per lei essere punk vuol dire andare sempre contro le regole (sia quelle del potere che quelle più sottili delle stesse simbologie giovanili) e soprattutto essere sempre oltre, avanti, paradossalmente anacronistici, più a sinistra dei comunisti, più anarchici degli autonomi, più nazisti dei fascisti. Confondendo le idee agli altri, mentre le proprie divengono sempre più lucide e affilate come lame.
Una delle sue frasi più famose, ne riassume la vera filosofia di vita: ”E’ facile fare i punk a venti anni, ma è a quaranta, che molti smettono e i veri continuano”. Per Helena il punk non è un semplice stile musicale, e neppure un fenomeno giovanile da raccontare comodamente seduti in poltrona; per lei essere punk vuol dire andare sempre contro le regole (sia quelle del potere che quelle più sottili delle stesse simbologie giovanili) e soprattutto essere sempre oltre, avanti, paradossalmente anacronistici, più a sinistra dei comunisti, più anarchici degli autonomi, più nazisti dei fascisti. Confondendo le idee agli altri, mentre le proprie divengono sempre più lucide e affilate come lame.
E il proseguo della serata lo dimostrerà ampiamente.
Caina si accomoda in seconda fila (con Velena, la prima fila è a rischio…). La sala è gremita. Il dibattito comincia con un Marco Philopat mediatore tra una timida e ironica Laura Punk e una Helena fin da subito adrenalinica. Il Philopat tenta un approccio “regolare” alla conduzione del dibattito, dando spazio a Laura e ai suoi teneri amarcord-punk, ma le continue interruzioni dell’Helena costringono Marco a farsi da parte, arrendendosi all’uragano Helena (Katrina in confronto sembra un piovasco).
Il semi-monologo della Velena comincia come un fiume in piena senza paura di straripare. La nostra eroina dà vita ad una vera e propria performance, condotta in piedi, ubriaca, tremolante, incazzata, oscena, pornografica, scurrile, volgare, scorretta, in una sola parola: PUNK.
Helena ci racconta e si racconta in maniera dirompente, e certamente non dal “c’era una volta” in poi, ma divagando straordinariamente da aneddoto in aneddoto, senza seguire un filo logico, senza rispondere alle domande ma rilanciando parole e azioni sempre sopra le righe. Caina completamente incantata cerca di carpire quel che può, per poi reportare il tutto, con intenti questa volta seri e costumati, finche la serata lo ha consentito, ma è costretta ad arrendersi al lucido delirio di una pazza sapiente.
Rimangono solo brandelli, schegge, frammenti … eccoli.
- La prima presa di coscienza di un’economia alternativa a quella ufficiale, avvenuta ordinando dischi via posta e ricevendone più del dovuto a causa del suo inglese maccheronico di allora.
- I tre gruppi punk che l’hanno influenzata maggiormente: Sex Pistols (poi rovinati da McMarketing), Dead Kennedys, Crass.
- La presa del Cassero a Bologna, e i continui scontri con gli anarchici dell’epoca, con tanto di messe\riunioni, che venivano profanate dalle minigonne di Laura e dalle svastiche di Helena (allora “il Jumpy”).
- Il concerto dei Clash a Bologna, contestato duramente dai suoi Raf Punk, che avevano capito con 20 anni di anticipo le basse manovre dell’industria musicale atte a comprare anche il movimento giovanile più pericoloso: il punk.
- Il suo odio divenuto amore per Perciballi, focoso leader dei romani Bloody Riot.
- I bicchierini del Piccolo Bar di Piazza Verdi, causa di molti arresti nella rossa Bologna.
- Il concerto di Milano dei Black Flag, al quale pochi assistettero, e che permise una prima presa di coscienza delle frange punk anarcoidi italiche.
- La produzione dei Borghesia, gruppo di froci elettronici sloveni.
- E poi divagazioni sul presente, con feroci attacchi alla destra e alla sinistra, al buonismo di Veltroni e soprattutto al primo cittadino di Bologna, nella quale sentirsi, oggi come allora, “Schiavi nella città più libera del mondo”.
Guardate il video:
Il tutto condito da punteggiature coreograficamente colorite della nostra Helena: “froci”, “rotti in culo”, “bastardi”, “merdosi”, “stronzi”, “prendetelo nel culo”, “fanculo”, e compagnia cantando.
Insomma, il di(s)battito sarebbe potuto benissimo diventare un afterhours, se non fosse stato per la quanto mai puntuale Laura, che controllando nervosamente il suo orologio ci lasciava con questa frase: “E dire che a me piaceva il punk perché aveva delle canzoni brevi …”. Applauso.
Il dibattito (s)finisce e inizia lo (s)concerto …
Helena sa bene che le radici del punk sono essenzialmente musicali, e non può esimersi da una performance canora, stonata, rubata ad altra band (i Rappresaglia), alcolicamente devastata, urlata più forte della stessa amplificazione, e finita nel coma etilico di un palco divenuto troppo piccolo (o è lei che è diventata troppo “grande”?) per sostenere sia vecchi punk che nuove generazioni.
Ma ecco il colpo di genio, quello dei grandi maestri. Helena ci lascia con l’ultimo suo messaggio, forse il più importante e significativo: vomitando letteralmente e fisicamente sulla telecamera high-tech del “neo regista alternative” che le stava a fianco, risponde alle pretese di punk delle nuove generazioni accorse all’evento, vogliose di sentirne anche la puzza (?).
0 Commenti